venerdì 16 dicembre 2011

I GIORNI DELL'ABBANDONO, Elena Ferrante

Olga è una giovane scrittrice la cui vita sembra procedere nel migliore dei modi possibili: è felicemente sposata da quindici anni con Mario, l’uomo che ama e col quale ha avuto due bellissimi figli, Gianni e Ilaria. Una famiglia unita e felice che, giorno dopo giorno, cresce e si rafforza nell’equilibrio, nella normalità, nella routine del quieto vivere. A rallegrare le loro giornate c’è Otto, il cane lupo, che con le sue passeggiate e le sue abitudini contribuisce a creare un clima di felice quotidianità. Questo è il quadro famigliare che Olga, narratrice in prima persona, ci permette di scorgere tra le righe di un romanzo che comincia, invece, proprio dalla fine: «Un pomeriggio d’aprile, subito dopo pranzo, mio marito mi annunciò che voleva lasciarmi.» Olga non ci rende testimoni dei suoi giorni migliori, ma dei suoi “giorni dell’abbandono” (appunto), attraverso un quadro impietoso del periodo di depressione vissuto dopo la separazione dal marito Mario che, adducendo scuse futili come insoddisfazione, stanchezza e vuoto esistenziale, se ne va di casa senza lasciare a Olga né un recapito né alcun modo per rintracciarlo. Un uomo vile e meschino che scappa dalla famiglia, dalla moglie, dai figli, dal cane, per vivere una nuova vita, una seconda giovinezza (si è infatti innamorato di una ragazza molto più giovane di lui). Olga, rimasta da sola a badare alla casa, ai figli, al cane, attraversa tutte le fasi critiche dell’abbandono, addentrandosi in un viaggio interiore lungo e complesso che la porterà a scavare dentro se stessa, alla ricerca del suo Io, in un percorso di consapevolizzazione che metterà in gioco luci e ombre del suo matrimonio e della sua vita. Inizialmente Olga spera ancora che il marito torni da lei e cerca di riconquistarlo strategicamente con «la messinscena degli agi della vita domestica, toni comprensivi, una mitezza esibita e accompagnata persino da qualche battuta allegra». Al fallimento di questa strategia la mite Olga fa esplodere la rabbia da sempre repressa diventando aggressiva, oscena e volgare: sfoga il suo rancore verso gli amici e i passanti, aggredisce Mario, verbalmente e fisicamente, abborda il vicino Carrano solo per rivalsa personale… Cade in una spirale di odio che presto sconfina nella depressione, magistralmente rappresentata dall’interno tramite il sincero e torrenziale flusso di pensieri della protagonista: confusione mentale, stanchezza, percezione distorta delle cose, ossessione di dimenticare piccoli gesti banali (come spegnere il gas o chiudere la porta di casa), disinteresse verso il mondo circostante (figli compresi) e soprattutto quel desiderio di abbandonarsi, «sprofondare sorda e muta nelle mie stesse vene». A peggiorare la situazione, a Olga comincia a far visita un’apparizione, “la poverella”: fantasma, rievocato dall’infanzia napoletana, di una donna abbandonata dal marito, disperata e inconsolabile fino al disperato gesto finale, il suicidio. In una Torino deserta, soffocata dalla calura estiva, Olga affronta il momento più difficile del suo periodo di alienazione, una giornata terribile: «la giornata più dura di quella mia vicenda di abbandono.» Olga si trova in trappola nel suo stesso appartamento (grazie a una porta blindata che non ricorda più come aprire) senza alcuna possibilità di contattare il mondo esterno (il telefono non riesce proprio a farlo funzionare) alle prese con la figlioletta petulante, la malattia improvvisa del figlio e l’agonia del cane che sembra aver mangiato del veleno… In un crescendo di tensione seguiamo le vicende di Olga mentre lotta contro l’inettitudine e l’alienazione mentale che si stanno impadronendo sempre più prepotentemente di lei, fino a vederla sprofondare nel gorgo della disperazione più assoluta. Un incubo claustrofobico che il lettore, catturato e trascinato in caduta libera fino al fondo più nero dell’animo umano, non può fare a meno di leggere tutto d’un fiato. Da qui in poi la sofferenza sarà solo la fertile base della rinascita, di un lento guarire per cancellare la furia negativa del passato e ritrovare finalmente e «quietamente» (è questa l’ultima parola del libro) la calma e la razionalità.

giovedì 1 dicembre 2011

MADELEINE DORME, Sarah Shun-lien Bynum

Madeleine dorme, e quando dorme è così bella che la mamma e i fratellini stanno attenti a non svegliarla. Madeleine sogna, e quando sogna crea mondi fantastici popolati da creature surreali e grottesche. Una grassona a cui un giorno spuntano le ali, una donna il cui corpo si sta deformando in uno strumento musicale, una vedova con la perversione della pornografia, un uomo flatulento… e poi c’è lei, Madeleine, che fa la contorsionista e ha due palette al posto delle mani. Una galleria di personaggi irreali e fantasiosi, piccole marionette che recitano la loro parte nei sogni di Madeleine ma, al tempo stesso, creature profondamente umane nella loro tragicità e solitudine. Insieme a questa compagnia circense, tanto allegra quanto disperata, Madeleine scoprirà la vita, il sesso, l’amore, la gelosia, la violenza, il sangue, la perversione, in un processo di individuazione e formazione che si svolge interamente sul piano onirico. Il sogno e la realtà si fondono in un unico universo narrativo in cui la mente del lettore, all’inizio spaesata dal confondersi dei piani, si abbandona totalmente all’audace gioco di scrittura: sogno e realtà non stanno mai su piani separati e così gli echi di uno vanno ad influenzare l’altro in un gioco di rimandi e corrispondenze. La Bynum si muove in un territorio già esplorato dai maestri del subconscio ma lo fa in maniera assolutamente innovativa, trovando la sua forza nel gioco di delicati equilibri che le permettono di portare avanti una narrazione perennemente in bilico tra realtà, fantasia e sogno. Attraverso i sogni di Madeleine l’autrice ci racconta senza reticenze le ombre e le mostruosità dell’inconscio, ci racconta l’illecito, il peccato, la colpa, il sesso, il desiderio… Il tutto con una narrazione che procede frammentata in piccole istantanee – qualche frase, una pagina, due al massimo – curate ed autonome, ma che, poco a poco, si fondono in un unico affresco narrativo e romanzesco. Ricco di simboli e metamorfosi, delicato e voluttuoso insieme, Madeleine dorme è una favola moderna che naviga leggera sulle turbolente profondità dell’inconscio. Un libro leggero, soffice, colorato e festoso ma, al tempo stesso, un libro disperato e grottesco, torbidamente impregnato di sensualità.
Madeleine is sleeping è il libro d’esordio di Sarah Shun-lien Bynum grazie al quale è stata inclusa dal «New Yorker» tra i venti migliori autori americani under 40. Ora, a sette anni dalla pubblicazione negli Stati uniti (2004), Madeleine dorme è finalmente uscito anche in Italia, edito da Transeuropa edizioni.