martedì 1 novembre 2011

LE PICCOLE VIRTÙ, Natalia Ginzburg


Undici racconti, a metà tra l’autobiografia e il saggio, che costituiscono, secondo Italo Calvino, «una lezione di letteratura». La Ginzburg raccoglie alcuni suoi scritti che spaziano lungo un arco temporale che va dal 1944 al 1962 e che racchiudono un’ampia gamma di stili e di tematiche differenti tra loro. Quello che rimane sempre invariato, filo conduttore dei piccoli universi narrativi qui raccolti, è l’io narrante, dietro il quale ogni volta vediamo chiaramente lei, Natalia. L’autrice non si nasconde mai dietro personaggi fittizi e ama parlare solo di quello che conosce meglio, di quello che ha sempre saputo e che l’accompagna da sempre… Il suo essere bambina, adolescente, donna e poi madre, la paura della povertà e del regime, la scoperta dell’amore, il dolore atroce causato dalla morte delle persone care, il calore delle piccole cose della vita quotidiana, l’amore per i figli… L’universo della Ginzburg è costellato di piccoli gesti importanti, innocenti e primitivi. La semplicità è il suo marchio e la sua forza.
Per questo un autore come Cesare Pavese, suo caro amico e collega all’Einaudi, ad un certo punto sbotterà nel Mestiere di vivere (5 febb. 1948): «La mia crescente antipatia per N. viene dal fatto ch’essa prende per granted, con una spontaneità anch’essa granted, troppe cose della natura e della vita.». La comprensione reciproca tra i due amici, che incarnano due opposti modi di rapportarsi alla vita e alla scrittura, non sarà mai ovviamente del tutto possibile. Natalia ci lascia in Ritratto d’un amico un commovente ritratto di un Pavese eterno adolescente che «si era creato, con gli anni, un sistema di pensieri e di principî così aggrovigliato e inesorabile, da vietargli l’attuazione della realtà più semplice». Oltre al bellissimo e delicato ritratto di Cesare Pavese, Le piccole virtù contiene racconti che rievocano il periodo bellico, l’esilio in Abruzzo, la povertà e poi la vita in Inghilterra, così come piccole riflessioni su questioni universali ed importanti, affrontate sempre con grande semplicità e concretezza, che vanno dalla questione dei rapporti umani, alla necessità del comunicare con gli altri, al mestiere di scrivere e all’educazione dei figli.
Da Elogio e compianto dell’Inghilterra ho scelto di riportare questo estratto che racconta, con una lucidità ancora attuale, la situazione italiana nel 1961:
«L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funzione male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia per le strade, si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di nessuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d’un ingannevole, e forse insensato, conforto».

1 commenti:

Giorgia ha detto...

mi ricorda la serata pavesiana del 27 agosto a Santo Stefano Belbo quando hanno letto, appunto, ritratto di un amico. Che bei momenti e che bella amicizia pur nella assoluta diversità. ciao

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