martedì 14 giugno 2011

QUEL CHE RESTA DEL GIORNO, Kazuo Ishiguro


Mr Stevens, maggiordomo di un’importante casata inglese, approfitta di un viaggio in macchina nella campagna circostante per ripensare la propria vita, fino ad allora dedicata interamente al lavoro. Attualmente Stevens lavora al servizio di un signore americano, Mr Farraday, che ha comprato la meravigliosa residenza di Darlington Hall e, compreso con essa, ha acquisito anche il suo inglesissimo maggiordomo. In concomitanza di una sua lunga assenza da casa il padrone accorda a Stevens il permesso di fare un viaggio con la sua Ford, offrendosi di pagare lui la benzina, a condizione che il maggiordomo si prenda una pausa di riposo e di svago. Stevens decide di andare a trovare Miss Kenton, l’antica governante, sposatasi e allontanatasi da Darlington Hall ormai da una ventina d’anni. Questo viaggio sarà finalmente la sua occasione per riflettere e ripensare al suo passato. Stevens ha passato gli anni migliori della sua vita (lavorativa e non) nella famosa residenza di Darlington Hall al servizio del gentiluomo inglese Lord Darlington. Quelli sono stati per Stevens momenti di grande splendore, infatti, all’apice della carriera, si è trovato a dar sfoggio della sua professionalità in una residenza che ospitava spesso importanti personaggi politici provenienti da tutt’Europa. Per Stevens a quei tempi non esisteva null’altro che il dover svolgere il proprio mestiere con “dignità”; su questo concetto, nel corso del viaggio, il maggiordomo avrà occasione di riflettere e così noi vedremo questa “dignità” concretizzarsi in una serie di principi, tanto onorabili quanto poco umani. Primo fra tutti, la totale ed incondizionata fiducia verso il suo datore di lavoro, cosa che porterà Stevens a non prendere posizione davanti ad alcuni ordini moralmente discutibili di Lord Darlington, giustificando in tutti i modi le strane posizioni filo-naziste che il suo padrone stava assumendo. Ma questa non sarà l’unica cosa su cui Mr Stevens terrà gli occhi cocciutamente chiusi. Infatti a poco a poco scopriremo che, mentre il maggiordomo si preoccupava solo di servire al meglio Lord Darlington, la governante, Miss Kenton, tentava in tutti i modi, e invano, di stabilire un rapporto umano con lui. Stevens, barricato dietro la sua tanto onorabile “dignità”, si difendeva dalle emozioni e dagli scossoni della vita, usando il suo contegno e il suo aplombe come scudo. Dai momenti più drammatici, come la morte del padre, ai momenti goliardici (momenti ai quali rimane sempre estraneo vista la sua incapacità di capire e fare battute) Stevens è trincerato dietro la sua impassibilità e la sua compostezza. E così avviene anche nelle situazioni più umilianti, come quando Lord Darlington ed i suoi amici lo interrogano sadicamente su cose che non conosce, o nei momenti di toccante emozione, come quando sente piangere Miss Kenton e rimane paralizzato, non riuscendo a fare nulla per consolarla. Nel suo viaggio nella campagna inglese, e grazie all’incontro con Miss Kenton, Stevens finalmente riuscirà ad aprire gli occhi. E li aprirà per piangere e piangere ancora sul passato che è andato perduto, sul tempo che non torna indietro e sulla sensazione di fallimento che non può più nascondere a se stesso. Stevens si accorge di aver avuto una vita arida, una vita senza amore, non rischiarata nemmeno dalla convinzione di aver dedicato i propri servigi e i propri anni migliori ad un uomo moralmente elevato. La macchia è indelebile, la ferita non può essere ricucita ma, come la sera è il momento più atteso e desiderato della giornata, può forse la vecchiaia essere il momento in cui tirare le fila della propria vita, comprenderla e magari anche cambiarla? Si può davvero arrivare alla comprensione di sé e della propria vita in quell’ultimo momento di luce e pensare di poter mutare le cose in quel breve tempo che ci separa dalla notte eterna?
Questo è l’interrogativo che ci pone Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese naturalizzato britannico, in Quel che resta del giorno, romanzo di fama internazionale dal quale, nel 1993, James Ivory ha tratto l'omonimo film con Anthony Hopkins ed Emma Thompson.

2 commenti:

Mario ha detto...

Sai che sei proprio brava!!!

Giorgia ha detto...

brava come sempre, ma aplomb è maschile o femminile?

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